Lo zainetto (Patreon)
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In questo racconto il protagonista è uno zaino. Cioè non proprio lo zaino, piuttosto la ragazza che lo indossa, ma in un certo senso lo zainetto avrà un’importanza fondamentale e che senza di lui non ci sarebbe alcuna storia da raccontare, quindi possiamo annoverarlo tra i protagonisti. Piccolo e logoro, quello zainetto le stringeva perfettamente le spalle. Ormai era come se Clara non lo portasse nemmeno, tanto si era abituata al modo in cui le due bretelle glielo ancoravano sulla schiena. Dentro c’era poca roba: una borraccia di alluminio (ammaccata) piena di acqua di rubinetto, una piccola agendina con la copertina in pelle nera, una astuccio che conteneva i soliti quattro pastelli colorati e una matita 2B, una merendina preconfezionata che probabilmente non avrebbe mangiato e che quindi sarebbe ritornata a casa con lei, dopo il lungo giro nel bosco.
Gli scarponcini schiacciavano con soddisfazione sterpi, rametti e foglie secche, ad ogni passo coccolando Clara con il suono caratteristico delle passeggiate nel bosco, quel misto di crac crac e di fronde accarezzate in alto dal vento autunnale. Clara procedeva con calma, guardandosi attorno, respirando l’aria fresca e umida, crogiolandosi nell’odore di muschio e di corteccia bagnata, lasciando che la sua vista si perdesse nel lontano sottobosco. Quando una famigliola di cinghiali attraversò il sentiero davanti a lei, sorrise e se ne restò immobile a guardarli, ben sapendo che quel momento le sarebbe rimasto impresso nella memoria e che ne avrebbe raccontato più e più volte. L’ultimo dei cinghiali, una grossa femmina, si fermò ad annusare l’aria e si voltò verso di lei. Clara accentò il sorriso. Il cinghiale sbuffò rumorosamente, continuando a fissarla. Clara ripensò ai piccoli cinghialetti che avevano preceduto la madre, comprese la titubanza ed il sospetto dell’animale, cercò di comunicarle sicurezza, balbettò qualcosa tipo “tranquilla, non voglio fare del male a nessuno”. Il cinghiale restò immobile, gli occhi neri come il petrolio, il pelo ispido sulla groppa che si sollevava ad ogni respiro, nuvolette di vapore che aleggiavano via dalle enormi narici nere, le zanne ritorte che emergevano ai lati della bocca. Clara avvertì una scossa di timore, deglutì rumorosamente e fece un passo indietro. Il cinghiale si mosse di qualche passo nella sua direzione, senza distogliere lo sguardo. Clara si voltò e iniziò a correre, lasciando che un piccolo grido le sfuggisse dalla bocca spalancata. Mamma cinghiale scosse la testa e proseguì dritta, ignorando Clara, per raggiungere velocemente i suoi piccoli. Ma Clara non se ne accorse e continuò a correre. Scivolò. Batté il sedere a terra, un rovo le strappò la manica della t-shirt e il fango le imbrattò il fianco. Ruzzolò oltre un cespuglio di erba secca e arbusti nodosi, non provò nemmeno ad afferrare qualcosa per paura che fosse irto di spine. Continuò a rotolare nella terra umida, scivolando tra le foglie secche, finché non si ritrovò a saltare in una fossa scura. Ma non precipitò. Avvertì uno strattone, sentì le gambe penzolare nel vuoto e poi il corpo cozzare contro la parete della fossa, i capelli intrisi di fango le finirono in faccia, si morse la lingua. La chiusura dello zainetto si era impigliata agli arbusti impedendole di cadere nel vuoto. Che poi “nel vuoto” era un’iperbole, da lì dov’era Clara vedeva il fondo della fossa, che era appena un paio di metri più in basso, ma sicuramente si sarebbe rotta qualche osso, precipitando. Con un sussulto, la chiusura dello zainetto scivolò sugli arbusti nei quali era avvinghiata, avvertendo Clara che non l’avrebbe sorretta per sempre. Lei si riprese, si aggrappò alla vecchia radice di un faggio e si issò oltre il bordo della fossa, rilassandosi sul letto di foglie marce come non avrebbe mai osato fare altrimenti. Quando il suo battito tornò ad essere regolare e il suo respiro smise di uscirle affannoso dalla bocca, si asciugò la faccia con il lembo della maglietta e si rimise in piedi. Dall’altra parte della fossa, un cinghiale la osservava immobile, per niente intimorito dalla sua presenza, forse persino rassicurato dal fatto che tra i due ci fosse una fossa e che quindi l’umana non avrebbe potuto nuocergli. “Tutto okay… – Balbettò Clara – Lo zainetto mi ha salvata. Sto bene.” Il cinghiale scosse la testa ed emise un mugolio discontinuo, quindi si allontanò.
Per dovere di cronaca sappiate che non si trattava della madre che Clara aveva incontrato sul sentiero, e che Clara tornò a casa sana e salva. Raccontò quella storia almeno cento volte, negli anni a seguire.